A Rocchetta Shoah-Foibe nelle testimonianze dei superstiti. Itinerario a partire dal 7 febbraio

Venerdì 13 febbraio 2015, presso la Biblioteca comunale “G. Libertazzi” di Rocchetta Sant’Antonio, si terrà il primo incontro del ciclo “Shoah e Foibe: per non dimenticare”, dedicato al tema dei genocidi della seconda guerra mondiale . L’incontro, organizzato dal Comune di Rocchetta Sant’Antonio attraverso la Biblioteca Comunale “Libertazzi” e dall’associazione LiberaMente. Attraverso un viaggio storico fatto di immagini, testimonianze e video, si pone l’obiettivo di ricordare l’Olocausto subìto dalla popolazione nciolacorboebraica e condannare lo sterminio perpetrato dai nazisti e dai loro alleati oltre a porre l’accento su quanto è avvenuto nel nord est del nostro Paese con gli eccidi ai danni della popolazione italiana della Venezia Giulia e della Dalmazia, occorsi durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra, dove trovò la morte un figlio di Rocchetta, il carabiniere Michele Castellano, barbaramente trucidato a Malga Bala per mano di scellerati militi dell’unità partigiane slave. Il primo incontro, quello di venerdì prossimo avrà un ospite d’eccezione. Si tratta di Nicola Corbo di 92 anni tra gli ultimi superstiti di un campo di concentramento nazista. Nonno Nicola portava la divisa della fanteria e lì era ben voluto tanto da risultare il braccio destro del suo comandante. Il fato lo aveva visto partire un anno prima del previsto verso il fronte passando da una caserma all’altra per poi approdare in Jugoslavia dove aveva il compito di sorvegliare la stazione ferroviaria di Ljubljana. E fu proprio lì che dopo il fatidico 8 settembre le truppe tedesche, ex alleati, catturarono Nicola e i suoi commilitoni per portarli in un campo di prigionia a pochi passi dalla bellissima Berlino. Un viaggio che sapeva di terrore. L’odore della morte era sempre dietro l’angolo, la desolazione la si percepiva anche addosso agli stracci che una volta facevano parte della gloriosa uniforme dell’esercito italiano e nello sguardo dei compagni di viaggio.

«Conosco il valore della libertà perchè l’ho conquistata con il rischio di perdere la vita – racconta Nicola». Il suo sguardo sembra catturare ricordi nel vuoto e quando inizia a rimembrare gli occhi si riempiono di lacrime e l’emozione tronca le parole. «Ho visto con i miei occhi cosa l’uomo è capace di fare. Una volta in Germania i giorni sembravano anni e gli anni sembravano esistenze senza fine. Due atroci primavere che mi hanno visto piegato in una fabbrica di gomme per auto, sempre più stanco maltrattato e affamato in un campo di concentramento. Un giorno in più e un chilo in meno. Dopo un po’ ci si abitua… lo sono ancora, visto che da quel momento non sono più riuscito a mangiare regolarmente. Ci nutrivamo di scorze di patate. Pelavamo ortaggi e anche in quel momento c’era qualcuno su di noi che controllava attentamente. A volte riuscivo a mandar giù di nascosto una patata intera che purtroppo poco si differenziava dal sapore delle bucce. Ci picchiavano e vedevamo ogni giorno qualcuno assente all’appello. Poi dopo due anni una notte iniziarono a bombardare la fabbrica e oltre all’opificio gli ordigni incendiari colpirono anche le baracche dove dormivamo. Uscimmo per miracolo nudi e avvolti dalle fiamme».«Finalmente posso raccontare la mia odissea – spiega sorridendo Nicola protagonista dell’incontro di venerdì prossimo. Una storia che sembra quasi un film ma che purtroppo non l’ho vista in un cinema ma sulla mia pelle. Quando i russi ci liberarono ci invitarono anche a vendicarci. Avevo un sassolino nella scarpa ma purtroppo non ho avuto la possibilità di fare quello che avrei voluto fare. Qualche mese prima nella fabbrica arrivai a mettere le mani in gola ad un kapò. Questi senza nessuna pietà mi picchio con una grossa chiave inglese nella schiena lasciandomi a terra. Avrei voluto trovarlo per fargli sentire il sapore di quel metallo ma forse è meglio così la vera vendetta è il perdono».

In una società come quella odierna, in cui troppo spesso si inneggia all’odio e alle discriminazioni razziali, tramandare e ricordare sono di fondamentale importanza, per evitare che simili atrocità possano ripetersi. Per questo l’itinerario promosso dalla Biblioteca Comunale “Libertazzi”, che avrà in totale tre tappe con una chiusura affidata all’attore Rai, Gabriele Greco, si avvale delle voci e dei racconti dei protagonisti di una storia che troppo spesso dimentichiamo con il rischio di rifare gli stessi errori-orrori.

 

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