La “Cena Bis” e la tela fotocopia

L'ultima cena nella versione scelta dal  committente

L’ultima cena nella versione scelta dal committente

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L’ultima cena nella versione proposta dall’artista e succesivamente coperta

Il patrimonio artistico e storico di Rocchetta Sant’ Antonio vanta elementi di arte pura come tele, manufatti ed effigi, ma in particolare uno di questi elementi racchiude una storia che ha dell’ incredibile. I visitatori l’hanno ribattezzata la “cena bis” giocando sulla parola che prelude una doppia portata a tavola. Più che una cena si tratta della Cena più importante della storia, ossia il “cenacolo” dove Gesù istituì l’Eucarestia. La curiosità sta nel fatto che nella chiesa matrice di Rocchetta il visitatore si imbatte in due imponenti tele che raffigurano l’ultima cena, quasi identiche dalle dimensioni 2 x 4 metri. I ritratti dipinti olio su tela da un artista di scuola napoletana della fine del Settecento a primo impatto sembrano una vera e propria fotocopia: stesse prospettive, colori identici e pennellate simili. Dunque, due immagini che non hanno senso se non in un’ottica di sprechi; eppure questo gioco del destino ha una dietrologia ben precisa e razionale. Difatti, se si analizzano le due opere (mettendole a confronto) si nota che in una delle due tele spuntano elementi diversi nella mensa del Signore, con immagini anche anacronistiche, come la presenza di San Rocco Confessore tra i dodici. Proprio quest’immagine svela l’arcano: è il ‘perché’ di questo doppione meraviglioso. Secondo una ricostruzione della Sovrintendenza, l’artista aveva realizzato l’opera, commissionata da un mecenate, portandola al termine; purtroppo però davanti al giudizio del committente quell’ultima cena appariva priva di elementi fondamentali che, se pur discutibili, facevano parte di una precisa richiesta. La tradizione popolare tramanda la storia con un dialogo grottesco tra l’artista e il committente, il quale con forza ribadiva “l’opera si deve rifare perché è fondamentale che ci sia San Rocco che ha appena salvato il paese dalla peste”,  l’artista per non perdere la commessa e probabilmente per non andare contro il santo Confessore decise di rifarla di sana pianta ma per risparmiare sulle spese appose uno strato di tela sul quadro incriminato e iniziò a dipingere una nuova Ultima Cena, tracciando in gran parte i profili della tela sottostante, come si fa con un quaderno per poi inserire un nuovo elemento, ossia San Rocco Confessore al fianco del Cristo. Dal Settecento al 1980 i fedeli hanno avuto l’opportunità di ammirare una sola tela fino al sisma dell’Irpinia che creò ingenti danni alla chiesa matrice a tal punto da obbligare la Sovrintendenza a spostare le opere nel castello di Bari per tutelarle e, nello stesso  tempo, restaurarle; così in una fase del restauro gli operatori si accorsero della sovrapposizione delle due opere e con gran maestria riuscirono a dividere le due tele, regalando alla popolazione questo stupendo “bis d’arte”. (Andrea Gisoldi)

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